Condrosarcoma Mesenchimale

Che cosa è il condrosarcoma mesenchimale?

Il Condrosarcoma Mesenchimale è un tipo di condrosarcoma, vale a dire un tumore maligno della cartilagine. All’incirca due terzi dei casi di condrosarcoma mesenchimale insorgono a carico dell’osso, mentre i rimanenti casi si sviluppano al di fuori dello scheletro (localizzazioni extrascheletriche). Diversamente da altri tipi di condrosarcoma, che hanno una tendenza a crescere più lentamente e danno raramente metastasi, il condrosarcoma mesenchimale è un tumore a rapida crescita con una maggiore propensione a diffondersi a distanza. Nello stesso tempo alcune lesioni possono rimanere “dormienti” anche per lunghi periodi di tempo. Tende a colpire i bambini e i giovani adulti, ma è un tumore molto raro, rappresentando meno dell’1% di tutti i sarcomi (Weis and Huvos).

Il Condrosarcoma Mesenchimale è stato descritto originariamente da Lichtenstein e Bernstein nel 1959 in un articolo intitolato "Unusual benign and malignant chondroid tumors of bone: a survey of some mesenchymal cartilage tumors and malignant chondroblastic tumors including a few multicentric ones and chondromyxoid fibromas.”

La cartilagine è un tessuto connettivo localizzato alle estremità delle ossa in accrescimento, prima che la mineralizzazione renda l’osso duro e resistente. È presente, inoltre, come tessuto di riempimento e di supporto nelle articolazioni come quelle del ginocchio e della spalla, sia negli adulti che nei bambini. Si pensa che il Condrosarcoma Mesenchimale origini dagli elementi cellulari precursori della cartilagine, o condroblasti, che non si sono differenziati in condrociti maturi (le cellule che normalmente si trovano nel tessuto cartilagineo maturo). Il termine Mesenchimale si riferisce all’aspetto delle cellule tumorali, simili a quelle del tessuto connettivo primitivo.

Perché si sviluppa il condrosarcoma mesenchimale?

I tumori insorgono da cellule che sono andate incontro a mutazioni genetiche che ne inducono la crescita incontrollata. Nelle cellule sane, la replicazione cellulare è controllata da complessi meccanismi molecolari che inibiscono la crescita dei tessuti quando questa non è necessaria. Si ritiene che, laddove questa regolazione viene disattivata, si verifichi una serie di alterazioni genetiche. L’evento iniziale probabilmente non causa il tumore nella sua forma conclamata, ma predispone le cellule a mutazioni ulteriori in grado di trasformarle in cellule maligne. L’intera sequenza dei cambiamenti genetici è sconosciuta per la maggioranza dei tumori, inclusi i sarcomi. Per alcune neoplasie, specifiche traslocazioni sono importanti nelle fasi precoci del loro sviluppo (Hanahan). Le traslocazioni sono eventi in cui un frammento di DNA si stacca dal suo cromosoma originario per inserirsi in un altro. Le alterazioni del DNA che ne conseguono possono causare il blocco di geni che inibiscono la crescita tumorale (oncosoppressori), oppure causare l’attivazione di geni che stimolano la crescita cellulare (oncogeni). Quale che sia l’evento iniziale che porta allo sviluppo di un condrosarcoma mesenchimale, non esistono studi che ne abbiano dimostrato la causa e nessun ricercatore è stato in grado di scoprire se esistono fattori di rischio di sviluppare questo raro tumore (Weis).

Nella maggior parte dei casi di condrosarcoma mesenchimale non sono state trovate traslocazioni specifiche. Sono stati descritti solo pochi casi con alterazioni identificabili. Tali alterazioni possono portare alla deregolazione di determinati geni con conseguente incapacità da parte delle cellule di differenziarsi in tessuto cartilagineo maturo e tendenza a proliferare in maniera incontrollata. Alcuni ricercatori hanno trovato un frammento del cromosoma 13 unito ad un frammento del cromosoma 21 in due casi di condrosarcoma mesenchimale. Questi riarrangiamenti erano presenti sia in un caso di tumore dello scheletro che in un caso di tumore extrascheletrico, suggerendo che le due entità rappresentano lo stesso tipo di tumore (Naumann). Altri autori hanno descritto una traslocazione tipica del sarcoma di Ewing tra il cromosoma 11 e 22, sottolineando la similitudine fra questi due tipi di sarcoma, nonostante l’aspetto al microscopio e la risposta ai trattamenti siano leggermente diverse (Sainati). Tutto ciò suggerisce che questi due tipi di tumore richiedono più alterazioni genetiche, essendo la stessa traslocazione apparentemente in grado di causare due distinte neoplasie. In un paziente è stata descritta una traslocazione fra il cromosoma 4 e il cromosoma 19 (Richkind). Nella maggior parte dei casi di condrosarcoma mesenchimale, tuttavia, non si è trovata alcuna traslocazione o mutazione genetica specifica, per cui i ricercatori presumono che vi siano mutazioni non ancora scoperte.

Come si presenta il condrosarcoma mesenchimale?

Figura 1a: grossa lesione alla RMN dello spazio epidurale lombare in un paziente di quattro anni che presentava dolore e rifiuto a camminare. La freccia bianca indica i bordi della massa.

Figura 1a: grossa lesione alla RMN dello spazio epidurale lombare...

Il condrosarcoma mesenchimale si presenta generalmente con la comparsa di una tumefazione o di dolore a carico di un arto o di un’altra parte del corpo. Talvolta può essere diagnosticato prima di divenire sintomatico, quale riscontro accidentale, ad una radiografia effettuata per altri motivi, come ad esempio un trauma minore non correlato. Può insorgere in qualsiasi parte del corpo e può diffondersi ai polmoni, ai tessuti molli e ad altri organi.

Il condrosarcoma mesenchimale può anche svilupparsi in prossimità del midollo spinale (presentazione parameningea). I pazienti con tumore in questa sede hanno in genere dolore diffuso o possono presentare una paralisi dovuta alla compressione del tumore sul midollo spinale. La severità dei sintomi e il tipo di problemi neurologici dipende dalle dimensioni della neoplasia, dall’entità e dal livello della compressione sul midollo (Weis, Platania, and Kruse). La figura 1 mostra un caso di localizzazione del tumore in prossimità del midollo spinale.

Figura 1b: RMN del rachide nello stesso paziente due anni dopo, e dopo essere stato sottoposto a completa asportazione chirurgica, radioterapia e chemioterapia.

Figura 1b: RMN del rachide nello stesso paziente due anni dopo...

Le forme parameningee possono interessare anche l’interno del cranio (La Spina) o il condotto uditivo (Antonio). E’ stato descritto un caso di condrosarcoma mesenchimale congenito dell’orbita, dimostrando che questo tumore può insorgere anche in pazienti molto giovani (Tuncer). Nel caso di condrosarcoma mesenchimale dell’orbita la presentazione è tipicamente costituita da dolore all’occhio, tumefazione, disturbi visivi ed esoftalmo, cioè la protrusione del bulbo oculare (Weis e Tuncer).

Il condrosarcoma mesenchimale può esordire con metastasi (diffusione della malattia ad altri distretti corporei tramite il torrente circolatorio). In genere, tuttavia, i pazienti accusano i sintomi causati dal tumore primitivo prima di una qualsiasi localizzazione metastatica. La sede più comunemente interessata dalla diffusione tumorale è costituita dai polmoni. Molti sviluppano metastasi solo dopo che la malattia si è presentata. La Tabella 1 mostra una lista di alcune sedi di presentazione del condrosarcoma mesenchimale.

Tabella 1: Sede del tumore in casistiche selezionate
Sede Numero di pazienti Percentuale
Estremità superiori
6 12
Estremità inferiori
18 35
Orbita
5 10
Tronco
8 16
Dura Madre/Meningi
11 21
Testa-collo
3 6
Totale
51 100

Istopatologica - Come appare al microscopio?

Se si sospetta una diagnosi di condrosarcoma mesenchimale è importante che la biopsia venga effettuata, come procedura aperta da un chirurgo o come agobiopsia guidata da parte di un radiologo interventista esperto, con la consulenza di un chirurgo che abbia familiarità con le procedure oncologiche (Trembath).

Ci sono casi in cui il condrosarcoma mesenchimale dell’osso appare simile all’osteosarcoma, un tumore osseo maligno che colpisce bambini e giovani adulti. L’osteosarcoma è leggermente più comune del sarcoma di Ewing, ma per la diagnosi richiede generalmente la presenza di osteoide nel campione di tessuto esaminato. In generale un patologo dovrebbe distinguere l’osteosarcoma dal condrosarcoma mesenchimale (Aigner).

Il condrosarcoma mesenchimale possiede un aspetto istologico bifasico. Al microscopio è costituito da aree riccamente cellulate, costituite principalmente da cellule maligne, e aree di cartilagine ben differenziata. Tali aree possono essere ben distinte o relativamente mescolate fra loro. Per porre diagnosi di condrosarcoma mesenchimale il patologo deve poter osservare entrambi questi aspetti nel campione di tessuto esaminato. La diagnosi può essere particolarmente difficile se le due aree non sono frammiste fra di loro e il chirurgo preleva un campione contenente la sola parte cellulata della lesione. Al microscopio questa parte del tumore appare come un “tumore a piccole cellule blu”. Dato che la malattia tende a insorgere nell’osso, un piccolo campione bioptico contenente solo la parte cellulata può essere interpretato come sarcoma di Ewing. La soluzione del problema è rappresentata dalla disponibilità di campioni di tessuto adeguati e dalla revisione da parte di un patologo esperto (Weis).

Epidemiologia - Chi colpisce?

Questo tumore colpisce i bambini e i giovani adulti, generalmente in una età compresa tra 15 e 35 anni, nonostante in alcune casistiche siano stai riportati casi fino a 74 anni di età. Si tratta di un tumore piuttosto raro. Presso la Mayo Clinic, ad esempio, dalla iniziale descrizione della neoplasia nel 1959 fino al 1985, è stata documentata una serie di solo 111 casi (Weis e Nakashima). L’incidenza può essere leggermente più alta nelle femmine rispetto ai maschi. Non sono stati identificati fattori di rischio specifici. Si pensa che la localizzazione extra-scheletrica sia più comune nei pazienti più giovani (età media 23,5 anni) e quella ossea nei pazienti più anziani (Weis e Louvet).

Inquadramento iniziale

Quando un paziente con condrosarcoma mesenchimale si presenta dal medico, questa diagnosi non è generalmente la prima ipotesi considerata. In un giovane o un bambino una diagnosi di sarcoma di Ewing o di osteosarcoma o anche di rabdomiosarcoma (in alcune sedi corporee) è molto più comune e probabile. In ogni caso, quando un paziente presenta sintomi attribuibili ad un tumore, come dolore e tumefazione, il medico dovrebbe programmare una serie di valutazioni. Innanzitutto dovrebbe raccogliere una anamnesi accurata ed effettuare uno scrupoloso esame obiettivo. Se il tumore interessa l’osso dovrebbe essere effettuata una radiografia standard della zona colpita. Successivamente la lesione dovrebbe essere valutata con una TAC o una RMN, o entrambe, a seconda della localizzazione.

Inoltre, poiché i sarcomi tendono a metastatizzare ai polmoni, è indicato un controllo TAC del torace. Alla radiografia standard l’aspetto è quello di una massa ben definita con piccole calcificazioni in alcuni tumori extra-scheletrici. In un secondo tempo dovrebbe essere effettuata una scintigrafia ossea per escludere una diffusione di malattia alle ossa, sebbene, sulla scorta dei dati disponibili, si tratti di un’evenienza inusuale, come descritto più sotto (Nakashima). E’ stato descritto un caso in cui i sintomi di presentazione erano legati a una metastasi dei tessuti molli, e la neoplasia primitiva venne identificata solo dopo una radiografia della scheletro in toto (Weis). In ogni caso, essendo necessaria una diagnosi bioptica per programmare una corretta gestione del paziente, alcuni esami saranno effettuati solo successivamente (vedi sotto).

Il programma di esami deve sempre includere una biopsia (a cielo aperto, in cui il chirurgo rimuove una piccola parte del tumore attraverso un’incisione, un’ agobiopsia guidata da parte di un radiologo specializzato in queste manovre, oppure tramite l’asportazione in toto della lesione qualora il chirurgo lo ritenga appropriato). Queste manovre dovrebbero fornire al patologo tessuto sufficiente per porre una diagnosi corretta. Biopsia e stadiazione dovrebbero coinvolgere un oncologo e un chirurgo , in modo che vengano richiesti gli esami adeguati e vengano effettuate le corrette procedure fin dall’inizio (Weis).

Alcuni medici possono raccomandare un esame del midollo osseo per valutare la possibilità di metastasi midollari. Non esiste uno standard per cui l’esame del midollo osseo debba essere condotto o meno, al momento della diagnosi. Il tumore è talmente raro che non esistono evidenze a favore o contro tale indagine. Alcuni oncologi raccomandano l’esame del midollo osseo per la somiglianza biologica del condrosarcoma mesenchimale con il sarcoma di Ewing. Si sa che nel sarcoma di Ewing vi è una certa incidenza di interessamento midollare alla diagnosi. In questi casi la presenza di metastasi al midollo osseo si associa ad una peggiore risposta ai trattamenti nonostante i regimi di chemioterapia più intensi (Miser). Certamente i pazienti con condrosarcoma mesenchimale e con valori midollari inferiori alla norma dovrebbero essere sottoposti ad una biopsia osteomidollare. Diversamente la decisione deve essere considerata assieme al paziente sulla scorta di tutti gli esami strumentali di stadiazione.

Questa valutazione iniziale è importante per delineare la terapia e il programma di “follow up”. I pazienti con malattia localizzata, senza evidenza di diffusione al di fuori della sede di origine, hanno generalmente una prognosi migliore, in particolare quando è possibile la completa rimozione della lesione. Infatti, quando la malattia è localizzata, il chirurgo può scegliere di proporre una chirurgia più aggressiva, con maggiori effetti collaterali a lungo termine, nella speranza di guarire il paziente. In caso di malattia metastatica, una chirurgia molto aggressiva, con possibili importanti complicazioni post-chirurgiche, può non essere adeguata essendo il paziente candidato alla chemioterapia e/o radioterapia per curare tutte le sedi possibili di malattia (Huvos).

Trattamento

L’asportazione chirurgica costituisce il trattamento di prima scelta. Generalmente la chemioterapia viene somministrata dopo l’intervento chirurgico (cosiddetta chemioterapia adiuvante). Il vantaggio di questo approccio terapeutico risiede nel fatto che la chemioterapia si trova ad agire sul tumore quando il numero di cellule maligne è ai livelli più bassi. In queste circostanze la chemioterapia tende ad essere più efficace (Balis). Talvolta tumori che aderiscono a strutture anatomiche importanti, come vasi sanguigni o nervi, sono molto difficili da asportare in maniera radicale senza causare sequele serie e invalidanti. Questi tumori possono rispondere alla chemioterapia e ridursi abbastanza da consentire al chirurgo la rimozione dopo alcuni cicli di trattamento (Shamberger). Questo approccio è noto come chemioterapia neo-adiuvante. Indipendentemente dal fatto che la lesione sia o meno asportabile chirurgicamente, gli oncologi medici generalmente raccomandano il coinvolgimento di un radioterapista. Il trattamento radiante può essere indicato nei casi in cui sia presente un residuo tumorale dopo la chirurgia (ad esempio quando il chirurgo non può asportare completamente la massa perché coinvolte importanti strutture anatomiche come il midollo spinale). Per altri pazienti la radioterapia viene utilizzata per trattare lesioni che si suppone essere ancora presenti nella sede di esordio anche quando la rimozione chirurgica sembra aver asportato completamente il tumore. La maggior parte degli oncologi raccomanda un trattamento combinato di chirurgia, chemioterapia e radioterapia, quando fattibili, per tutti i pazienti con condrosarcoma mesenchimale (Platania, Kruse, La Spina, Antonio, Tuncer, e Huvos).

La maggioranza dei medici consiglia una chemioterapia iniziale simile a quella utilizzata nel sarcoma di Ewing e altri sarcomi dei tessuti molli. Ciò implica l’alternanza di cicli contenenti la combinazione di etoposide e ifosfamide e la combinazione di adriamicina, vincristina e ciclofosfamide, agenti terapeutici noti per essere attivi nei confronti della maggioranza dei sarcomi.

L’utilizzo della chemioterapia nei pazienti senza metastasi documentabili all’esordio e con tumori che possono essere adeguatamente trattati con la chirurgia e la radioterapia è tuttora controverso. Alcuni studi suggeriscono tuttavia che il condrosarcoma mesenchimale sia un tumore sensibile alla chemioterapia. La somiglianza biologica con il sarcoma di Ewing sembra indicare, inoltre, che questo tumore possa rispondere al trattamento in misura simile (Huvos). Certamente l’elevata incidenza di recidive del condrosarcoma mesenchimale, come descritto più sotto, indica che dovrebbero essere impiegati tutti i provvedimenti terapeutici possibili, nonostante le scarse evidenze disponibili, data la rarità del tumore. Il numero di cicli di chemioterapia dipende da fattori individuali come l’entità della risposta di malattia, la tossicità correlata al trattamento e l’eventuale radioterapia e intervento chirurgico programmati. Talvolta è prudente ridurre il numero di cicli di chemioterapia quando è più importante l’erogazione di un trattamento radioterapico intenso i cui effetti collaterali sarebbero certamente potenziati dopo un alto numero di cicli di chemioterapia.

I pazienti con condrosarcoma mesenchimale, in genere, non presentano metastasi all’esordio, tuttavia, data la rarità della neoplasia, la letteratura a tale proposito è scarsa (Nakashima). Per i pazienti che sviluppano metastasi durante o dopo il trattamento, la prognosi è piuttosto sfavorevole. Attualmente non esistono protocolli sperimentali di trattamento per il condrosarcoma mesenchimale. In caso di metastasi all’esordio o di recidiva, locale o a distanza, dopo un trattamento standard, si possono considerare i protocolli sperimentali per i sarcomi in genere (vedi ad esempio la sezione relativa agli studi clinici del Liddy Shriver Sarcoma Initiative). Anche i pazienti con recidiva di malattia possono presentare una buona risposta ai trattamenti e una buona qualità di vita con la combinazione di chirurgia, radioterapia e chemioterapia, come descritto in alcuni casi clinici e casistiche retrospettive (Kruse, Nakashima, and Huvos).

Prognosi

In un’ampia revisione condotta alla Mayo Clinic si è visto che, globalmente, la prognosi di questi pazienti è piuttosto scarsa. Di 23 pazienti studiati, il 73% era deceduto per la malattia da 6 mesi a 23 anni dall’esordio, con un tempo medio di 6,7 anni. La sopravvivenza a 5 e 10 anni era del 54.6% e 27.3%, rispettivamente. Ciò significa che esiste la possibilità di recidiva o progressione di malattia anche dopo un periodo relativamente lungo dalla diagnosi. Altri autori hanno trovato un beneficio, in termini di sopravvivenza, con l’aggiunta di chemioterapia e radioterapia, nonostante rimanesse un importante incidenza di recidiva di malattia. L’analisi di 35 pazienti con un’età media di 26 anni, ha rilevato una sopravvivenza media di 37,9 mesi, con il 28% di pazienti vivi a 10 anni (Huvos). In studi retrospettivi come i due lavori appena citati è comunque difficile valutare l’effettivo impatto dei diversi trattamenti applicati.

Altri ricercatori hanno tentato di correlare la rapida crescita del tumore e la scarsa somiglianza alla cartilagine matura con la prognosi, trovando una possibile correlazione. Pazienti affetti da tumore con indice proliferativo più basso avrebbero una prognosi leggermente migliore (Nussbeck). Tuttavia gli stessi autori hanno riscontrato una grande varietà nella differenziazione dei condrosarcomi mesenchimali quando esaminati al microscopio, per cui è molto difficile caratterizzare le forme ad alto rischio e quelle a basso rischio solo sull’aspetto istopatologico.

Follow Up

Come evidenziato dagli studi condotti alla Mayo Clinic, i pazienti rimangono a rischio di recidiva nonostante il trattamento. La maggior parte degli oncologi raccomanda una TAC dell’area inizialmente interessata dal tumore e una TAC del torace ogni tre mesi nel primo anno. Successivamente è piuttosto difficile stabilire la frequenza di questi controlli. Si sa che, in questa malattia, i pazienti possono ricadere anche dopo un intervallo molto lungo e non c’è ancora modo di stabilire se una TAC ogni tre mesi per 6-10 anni possa permettere di diagnosticare una recidiva di malattia quando questa è ancora suscettibile di un trattamento a scopo curativo. La maggior parte dei pazienti segue un programma di controlli concordato assieme agli oncologi di riferimento. L’importante è che sia i pazienti che i professionisti siano consapevoli del rischio di recidiva a lungo termine e siano consapevoli dei rischi e dei benefici legati a ripetuti esami TAC. La comparsa di nuovi sintomi non dovrebbe essere sottovalutata anche dopo diversi anni dalla diagnosi.

Ricerche di laboratorio

I ricercatori cercano costantemente di scoprire nuovi indizi sull’origine e la progressione dei tumori, anche nel caso di malattie rare come il condrosarcoma mesenchimale. Un gruppo di patologi ha scoperto che un anticorpo monoclonale diretto contro Sox 9, un gene importante nello sviluppo del tessuto cartilagineo, marca il condrosarcoma mesenchimale. Questi ricercatori hanno preso un anticorpo (una molecola specifica in grado di legarsi direttamente a un gene) diretto contro Sox 9 e hanno trovato che questo test costituiva un valido marcatore nella diagnosi di condrosarcoma mesenchimale (Wehrli). Anche se si tratta di risultati preliminari e questo test non è considerato routinario nella diagnosi di condrosarcoma mesenchimale, la comprensione della biologia di questa “”via” genetica potrebbe portare alla comprensione del tumore e forse ha scoprirne la cura. Questo gene codifica per una proteina nota per essere un fattore di trascrizione (cioè una proteina che si lega a determinati geni e induce la loro espressione). I fattori di trascrizione sono notoriamente molecole difficili da utilizzare come bersagli di terapie anticancerose per le loro proprietà chimiche, infatti si legano debolmente alle altre molecole anche durante il loro normale funzionamento. Pertanto, Sox 9 potrebbe non essere un bersaglio utile per distruggere le cellule neoplastiche. Tuttavia è possibile che Sox 9 possa innescare altre alterazioni nelle cellule neoplastiche tali da renderle vulnerabili a determinati farmaci. La ricerca utilizza tecnologie a larga scale per ricercare questi geni deregolati e i loro prodotti proteici.

In questo tentativo di catalogare i potenziali bersagli tumorali, altri ricercatori hanno trovato, utilizzando un’ampia varietà di anticorpi monoclonali, che alcune proteine importanti in altri tipi di neoplasie, potrebbero costituire potenziali bersagli terapeutici anche nel condrosarcoma mesenchimale. Ad esempio è stato trovato che la tirosinkinasi PDGFR presentava una maggiore espressione in queste cellule tumorali. Le kinasi agiscono come “interruttori” cellulari (si attivano e disattivano in risposta ad altre proteine rilasciate nel torrente sanguigno che si legano alla loro porzione extracellulare). In alcuni tumori queste le kinasi sono presenti in eccesso e finiscono per attivarsi anche senza il segnale corrispondente. In altri tumori sono mutate o “rotte” e risultano bloccate in fase di perenne attivazione. Le kinasi funzionano da bersagli per la chemioterapia molto meglio rispetto ai fattori di trascrizione. Sono localizzate sulla superficie cellulare e sono molto più facili da bloccare attraverso farmaci. Gefitinib e imatinib sono i due kinasi-inibitori più comunemente utilizzati e risultano efficaci in alcuni pazienti, ma non in tutti, affetti da tumore del polmone e da leucemia mieloide cronica (Paez e Lydon). Attualmente vengono condotti molti sforzi per classificare le mutazioni delle kinasi in diversi tumori. Anche i ricercatori delle industrie farmaceutiche sono a consapevoli che tali sostanze sono effettivamente molto efficaci in pazienti selezionati e stanno progettando nuove molecole in grado di colpire kinasi alterate ancora da identificare.

Conclusioni

Il condrosarcoma mesenchimale è un tumore raro dei tessuti molli o dell’osso, caratterizzato da un aspetto bifasico all’esame istologico. Colpisce sia i giovani che individui anziani e, alla presentazione, è più aggressivo rispetto agli altri tumori cartilaginei. Nonostante un trattamento adeguato, il condrosarcoma può recidivare, a volte anche dopo anni dal suo esordio. I ricercatori stanno esplorando la possibilità di identificare i possibili bersagli tumorali di nuove strategie terapeutiche.

Scritta nel 2004
Tradotto nel 2013

Da John M. Goldberg, MD
Fellow in Pediatric Oncology
Dana-Farber Cancer Institute
Children’s Hospital, Boston

Holcombe Grier, MD
Dana-Farber Cancer Institute
Children’s Hospital, Boston

Bibliografia

Aoki, J., Watanabe, H., Shinozaki, T., Tokunaga, M., Inoue, T. and Endo, K. (1999). FDG-PET in differential diagnosis and grading of chondrosarcomas. J Comput Assist Tomogr 23, 603-8.

Bertoni, F., Picci, P., Bacchini, P., Capanna, R., Innao, V., Bacci, G. and Campanacci, M. (1983). Mesenchymal chondrosarcoma of bone and soft tissues. Cancer 52, 533-41.

Bjornsson, J., McLeod, R. A., Unni, K. K., Ilstrup, D. M. and Pritchard, D. J. (1998). Primary chondrosarcoma of long bones and limb girdles. Cancer 83, 2105-19.

Bovee, J. V., Cleton-Jansen, A. M., Taminiau, A. H. and Hogendoorn, P. C. (2005). Emerging pathways in the development of chondrosarcoma of bone and implications for targeted treatment. Lancet Oncol 6, 599-607.

Brenner, W., Conrad, E. U. and Eary, J. F. (2004). FDG PET imaging for grading and prediction of outcome in chondrosarcoma patients. Eur J Nucl Med Mol Imaging 31, 189-95.

Cleton-Jansen, A. M., van Beerendonk, H. M., Baelde, H. J., Bovee, J. V., Karperien, M. and Hogendoorn, P. C. (2005). Estrogen signaling is active in cartilaginous tumors: implications for antiestrogen therapy as treatment option of metastasized or irresectable chondrosarcoma. Clin Cancer Res 11, 8028-35.

Colyer, R., Sallay, P. and Buckwalter, K. (1993). MRI assessment of chondroid matrix tumors, in Limb Salvage: Current Trends. In Proceedings of the 7th International Symposium of Limb Salvage, pp. 89-93. Singapore.

Dickey, I. D., Rose, P. S., Fuchs, B., Wold, L. E., Okuno, S. H., Sim, F. H. and Scully, S. P. (2004). Dedifferentiated chondrosarcoma: the role of chemotherapy with updated outcomes. J Bone Joint Surg Am 86-A, 2412-8.

Donati, D., El Ghoneimy, A., Bertoni, F., Di Bella, C. and Mercuri, M. (2005). Surgical treatment and outcome of conventional pelvic chondrosarcoma. J Bone Joint Surg Br 87, 1527-30.

Enneking, W. (1983). Musculoskeletal Tumor Surgery. New York: Churchill Livingstone.

Evans, H. L., Ayala, A. G. and Romsdahl, M. M. (1977). Prognostic factors in chondrosarcoma of bone: a clinicopathologic analysis with emphasis on histologic grading. Cancer 40, 818-31.

Geirnaerdt, M. J., Hogendoorn, P. C., Bloem, J. L., Taminiau, A. H. and van der Woude, H. J. (2000). Cartilaginous tumors: fast contrast-enhanced MR imaging. Radiology 214, 539-46.

Krochak, R., Harwood, A. R., Cummings, B. J. and Quirt, I. C. (1983). Results of radical radiation for chondrosarcoma of bone. Radiother Oncol 1, 109-15.

Lee, F. Y., Mankin, H. J., Fondren, G., Gebhardt, M. C., Springfield, D. S., Rosenberg, A. E. and Jennings, L. C. (1999). Chondrosarcoma of bone: an assessment of outcome. J Bone Joint Surg Am 81, 326-38.

Mandahl, N., Gustafson, P., Mertens, F., Akerman, M., Baldetorp, B., Gisselsson, D., Knuutila, S., Bauer, H. C. and Larsson, O. (2002). Cytogenetic aberrations and their prognostic impact in chondrosarcoma. Genes Chromosomes Cancer 33, 188-200.

Marchini, S., Marrazzo, E., Bonomi, R., Chiorino, G., Zaffaroni, M., Weissbach, L., Hornicek, F. J., Broggini, M., Faircloth, G. T. and D'Incalci, M. (2005). Molecular characterisation of two human cancer cell lines selected in vitro for their chemotherapeutic drug resistance to ET-743. Eur J Cancer 41, 323-33.

Marco, R., Lane, J. and Huvos, A. (2000a). Intralesional excision of intramedullary low grade chondrosarcoma of the extremity. In 67th annual meeting of the American Academy of Orthopaedic Surgeons. Orlando, Fla: American Academy of Orthopaedic Surgeons.

Marco, R. A., Gitelis, S., Brebach, G. T. and Healey, J. H. (2000b). Cartilage tumors: evaluation and treatment. J Am Acad Orthop Surg 8, 292-304.

Marcove, R. C., Stovell, P. B., Huvos, A. G. and Bullough, P. G. (1977). The use of cryosurgery in the treatment of low and medium grade chondrosarcoma. A preliminary report. Clin Orthop Relat Res, 147-56.

Mirra, J. M., Gold, R., Downs, J. and Eckardt, J. J. (1985). A new histologic approach to the differentiation of enchondroma and chondrosarcoma of the bones. A clinicopathologic analysis of 51 cases. Clin Orthop Relat Res, 214-37.

Murphey, M. D., Andrews, C. L., Flemming, D. J., Temple, H. T., Smith, W. S. and Smirniotopoulos, J. G. (1996). From the archives of the AFIP. Primary tumors of the spine: radiologic pathologic correlation. Radiographics 16, 1131-58.

Pritchard, D. J., Lunke, R. J., Taylor, W. F., Dahlin, D. C. and Medley, B. E. (1980). Chondrosarcoma: a clinicopathologic and statistical analysis. Cancer 45, 149-57.

Reith, J. D., Horodyski, M. B. and Scarborough, M. T. (2003). Grade 2 chondrosarcoma: stage I or stage II tumor? Clin Orthop Relat Res, 45-51.

Sandberg, A. A. and Bridge, J. A. (2003). Updates on the cytogenetics and molecular genetics of bone and soft tissue tumors: chondrosarcoma and other cartilaginous neoplasms. Cancer Genet Cytogenet 143, 1-31.

Sandberg, A. A. (2004). Genetics of chondrosarcoma and related tumors. Curr Opin Oncol 16, 342-54.

Sawyer, J. R., Swanson, C. M., Lukacs, J. L., Nicholas, R. W., North, P. E. and Thomas, J. R. (1998). Evidence of an association between 6q13-21 chromosome aberrations and locally aggressive behavior in patients with cartilage tumors. Cancer 82, 474-83.

Schiller, A. L. (1985). Diagnosis of borderline cartilage lesions of bone. Semin Diagn Pathol 2, 42-62.

Springfield, D. S., Gebhardt, M. C. and McGuire, M. H. (1996). Chondrosarcoma: a review. Instr Course Lect 45, 417-24.

Terek, R. M. (2006). Recent advances in the basic science of chondrosarcoma. Orthop Clin North Am 37, 9-14.

Unni, K. K. (1996). Dahlin's Bone Tumors: General Aspects and Data on 11,087 Cases. Philadelphia: Lippincott-Raven.

Vakar-López, F., Ito, S., Zhang, R. D. and al., e. (2001). Molecular mechanisms of chromosomal instability and aneuploidy in chondrosarcoma of bone and their clinical significance. Mod Pathol 14, 18A.

Wang, X. L., De Beuckeleer, L. H., De Schepper, A. M. and Van Marck, E. (2001). Low-grade chondrosarcoma vs enchondroma: challenges in diagnosis and management. Eur Radiol 11, 1054-7.

 

Le informazioni presso SarcomaHelp.org sono fornite solo come informazione generale. Non sono intese come consigli medici e non devono essere usate al posto di un consulto con personale medico qualificato.

  • Figura 1a
    Figura 1a: grossa lesione alla RMN dello spazio epidurale lombare in un paziente di quattro anni che presentava dolore e rifiuto a camminare. La freccia bianca indica i bordi della massa.
  • Figura 1b
    Figura 1b: RMN del rachide nello stesso paziente due anni dopo, e dopo essere stato sottoposto a completa asportazione chirurgica, radioterapia e chemioterapia.